Sentirsi belle, bellissime, in armonia con se stesse e con il mondo in cui viviamo e, più precisamente, nell'ambiente in cui viviamo. Questo è l'obiettivo verso cui l'industria tessile mondiale sta cercando di muoversi puntando sull'eco-sostenibilità dei suoi prodotti, data anche la grande richiesta di mercato di questi tipi di capi, alimentata da una presa di coscienza civile su quanto sia importante sfruttare il meno possibile la natura, rispettandola e cercando di prendere da lei solo ciò che davvero ci serve e che lei ci offre in abbondanza. D'altronde basta guardarsi intorno per vedere le mille possibilità che ci si parano davanti agli occhi, come hanno dimostrato i filati derivati dal latte, dalle bucce di banana e da quelle delle arance fino alle foglie di eucalipto.
E questo solo per fare qualche esempio, nel nome del famoso principio “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
Alcuni ricercatori del Politecnico di Hong Kong hanno ideato il primo sistema per valutare in modo completo la qualità ecologica delle fibre tessili per determinare i loro indici di impatto ambientale e sostenibilità ecologica basandosi su questi parametri: quantità di ossigeno prodotto e di anidride carbonica emessa o assorbita per la produzione; sfruttamento del suolo; uso di fertilizzanti e pesticidi; consumo di acqua, energia e altre risorse; rischi per la salute umane o gli ecosistemi; natura rinnovabile delle fibre e possibilità di riciclo e biodegradabilità.
Analizzando 10 fibre (cotone biologico e tradizionale, lana, lino, viscosa, poliestere, due tipi di nylon, polipropilene e acrilico), le fibre naturali sono risultate quelle più eco-compatibili e sostenibili dal punto di vista ambientale. Agli ultimi posti si trovano fibre come polipropilene, poliestere, nylon e, infine, acrilico, al primo posto, e non c'erano dubbi, il cotone biologico.